giovedì 30 luglio 2020

Le vetrine degli orrori

Se c’è una cosa davvero bizzarra qui a Courmayeur, sono i parrucchieri da uomo.

Laddove l’offerta al femminile risente dell’influenza delle signore che desiderano   avere la piega fatta per i selfie sullo Skyway o in via Roma, quella per l’uomo è “senza troppe balle”. È chiaro che i metrosexual fanno vita grama tra i monti.

Il primo barbiere “fattela andare bene” è Elio, che attira i clienti con un poster appiccicato alla vetrina  che mostra un taglio da uomo qualsiasi accompagnato da scritte con caratteri “Windows” anni Novanta, tutte rigorosamente tutte maiuscole.


 L’altro, di cui ahimè non posso mostrare evidenza fotografica, è “Luciano” la cui insegna, disegnata probabilmente a mano, si estende su 3 vetrine e recita “Luciano Parla Luciano”. Personalmente lo trovo geniale. Ma a far da controcanto a Luciano Parla Luciano sono i medici della farmacia qualche metro più distante: sarà stato il covid o probabilmente qualche burlone che ha convinto i medici farmacisti a ritrarsi su palloncini dalle forme timidamente umanoidi: il risultato è ipnotico, a tratti agghiacciante, tanto da far venire i vermi ai bambini.


E sono state proprio le vetrine ad accompagnare la mattina di incombenze: lavanderia per i piumoni, necessaria dopo il trattamento Joy, ortofrutta per le albicocche “Cartier” (un consiglio, non dite sì alle albicocche della Valle, costano carissime e non sanno di niente) e lezione di pilates per la sottoscritta.

Pranzo veloce e poi tutti in Val Ferret per chiudere in bellezza la vacanza. Ahimè non siamo riusciti ad arrivare al Bonatti, troppo caldo nel pomeriggio, ma siamo riusciti ad arrivare a Lo Brenlo, per un saluto a Sandra e Chantal e un gelato sotto l’ombrellone da super merenderos. 

Giretto per Joy nel bosco per poi tornare con pullman in paese, rigorosamente in braccio alla mamma e con i capelli al vento come le vere star.


Serata tranquilla di valigie e organizzazione bagagli, con la teoria del Poser secondo la quale le valigie si duplicano a nostra insaputa. E forse un po’ è così: ma per non pensarci, ultimo 

giro con gelato in paese. Joy dice che a lui va bene rientrare, basta che poi si parta di nuovo, vuole aprire un profilo Instagram e desidera location diverse. 

mercoledì 29 luglio 2020

Questione di zecche

Mattinata con imprevisto: nel fare “bambino” a Joy - attività che consiste nel prenderlo in braccio come fosse un lattante grattandogli la pancia - abbiamo notato 3 zecche.

È partita subito l’operazione zecca con disinfettante, pinzetta e immobilizzazione Joy. 2 su 3 sono venute vie senza problemi ma una, attaccata al suo regal augello, ha combattuto fino alla morte e, una volta sconfitta, gli ha lasciato la testa conficcata nella carne.

Google alla mano abbiamo trovato un veterinario a Morgex e, archiviata momentaneamente la gita al lago di Arpy, siamo andati alla ricerca di assistenza medica.

Dopo mezz’ora di attesa e un lungo discorso con la mamma di 3 levrieri, abbiamo finalmente mostrato il gioiello di famiglia alla dottoressa.

Ahimè, nonostante il tentativo di far saltar fuori i miseri resti, la zecca è rimasta lì, ma Joy ha vinto nell’ordine: una pesa sulla bilancia, un liquido per le orecchie, una pastiglia per le zecche e quattro crocchette che ha mangiato per dispetto quando la veterinaria ha detto “è abituato ad altro?”. In effetti sì, diciamo che farsi staccare teste di zecche col bisturi non è cosa che facciamo in casa come normale prassi.

Dopo aver lasciato la clinica veterinaria e recuperato il Poser a cui la signora dei levrieri parlava del pathos dell’adozione e della gioia di diventare mamma (di cani) ci siamo sfondati di pizza e focaccia alla focacceria Bagnasco di Morgex. Il Poser aveva appena finito di dire di prendere panini e mortazza al super e di mangiare sui prati... sarà per la prossima gita.

Arrivati ad Arpy, ci siamo fermati all’ostello, una costruzione un po’ datata ma con bar, camere, mensa/ristorante e giochi all’aperto.

Noi abbiamo preferito prendere la strada che porta al lago di Arpy e Joy ha subito cercato refrigerio nel torrente ghiacciato che taglia il prato per poi fare il tamarro con tutti i cani che incontrava.



Avendolo visto così carico abbiamo pensato di andare tutti al lago di Arpy, passando dal sentiero che costeggia uno chalet chiamato la casa di Heidi.

Da lì il sentiero diventa impegnativo tanto che il Poser e la Piccolina hanno deciso di fare dietrofront, mentre la squadra Joy ha proseguito per arrivare in cima. Diciamo che tolto aver immerso lo scarpone completamente in acqua per recuperare Joy che, intento a bere in un fiumiciattolo  rischiava di fare canyoning e di sfociare nel Po’, aver recuperato Joy 3 volte intento a scappare prima dietro un cane prima poi per mangiarsi una carogna e infine per mettere le zampe nel fango, arrivare al lago sarebbe stato un gioco da ragazzi.



Raggiunta la meta con il mio scarpone che faceva splish splash ad ogni passo, ci siamo godute un paesaggio meraviglioso.

Il lago di Arpy si trova a 2066 m, è di origine glaciale e si trova, mi dice internet, in una conca racchiusa tra il Monte Charvel e la Becca Poignenta a sinistra del Monte Colmet. Il lago è alimentato dall’emissario del lago di Pietra Rossa.

Dall’altra parte è visibile il monte Bianco. Nel lago vive una specie rara di anfibio chiamato tritone alpino: noi non l’abbiamo visto forse perché intente a badare al tamarro a 4 zampe.





Il vero colpo di genio lo abbiamo avuto al ritorno: perché fare la stessa strada invece di tentare quella meno ripida che sfocia direttamente al bar con tanto di estathe e magnum? Detto fatto, al ritorno abbiamo optato per la via meno impegnativa tanto, dico io, finiamo sulla strada asfaltata e con due tornanti arriviamo all’ostello.

Conti non furono più errati, i tornanti erano ben più di 2, e, coi cellulari morti, abbiamo fermato una coppia di amiche che, armate di cellulare carico, ci hanno mostrato la distanza da noi e l’ostello: 2,6, km il che fa circa 10 tornanti.

A parte il Poser che stava per chiamare la forestale, il rientro è andato bene, Joy per far festa, ha portato a casa una zecca nuova.

Serata tranquilla con gelato per il Poser e la Piccolina, tisana e netflix per la sottoscritta e la Bertux: 15,28km non sono male per un giorno solo!

Domani si tenta il Bonatti per chiudere in bellezza la vacanza.



martedì 28 luglio 2020

Le regole di Terminator

Questa mattina, in barba a tutto e a tutti, mi sono auto-regalata 5 ore di relax alle terme di Pre Saint Didier. 




Di solito trascino con me il Poser che, tra la sauna a 900 gradi e la vasca a -300 prova a competere, in una gara di velato machismo, con gli altri poveretti trascinati come lui in un savonage, nel percorso di kneipp o peggio ancora, divenuti vittime del maestro dei fanghi.

Tutto grazie a compagne, fidanzate e mogli.

Oggi ho avuto pietà e ho tentato di portare con me la Bertux che ha preferito finire le schede di matematica “quelle che mi vengono ma ci devo ragionare”. Solitamente il ragionamento avviene in contemporanea alle serie di netflix: Friends al momento è al terzo “rewatch”.


Alle 10 del mattino le terme sono ancora “in ordine” ma piano piano, inizia ad arrivare quell’utenza variegata e coatta che riempie di “colore e allegria”.

Dal vitellone rimorchione che, in barba alle normative covid, avvicina il lettino alla belloccia di turno per poi essere cazziato dalla responsabile della sicurezza, una specie di terminator in mascherina e ciabatte armata di alcol spray che lo obbliga a spostare nuovamente il lettino, al ragazzetto annoiato che improvvisa “il morto” con faccia in giù nella vasca idromassaggio momentaneamente spenta.

La maggior parte degli utenti sgomita per il vascone centrale, quello, per capirci, con fontane e vari giochi d’acqua abilmente ostacolati dal forbone di turno che prova a sedersi sulle bolle. Di solito fallisce.

Per fare le cose fatte bene e ispirata dalla mia amica geniale Stefania, mi sono prenotata un massaggio da 50 minuti, con tal Vittorio, simpatico signore di mezza età che mi ha raccontato tutti i fatti suoi. Da reporter per Ambrogio Fogar a libero professionista, separato da 10 anni, con figlio 17enne provetto boxeur. Venerdì prossimo, mi dice, andrà per boschi a cogliere il ginepro e tra qualche settimana, partirà col figlio per una vacanza itinerante da nord a sud dell’Italia con tanto di tenda. 

Magari l’anno prossimo convinco il Poser ad armasi di tenda e partiamo anche noi all’avventura, Joy dice che viene ma niente nudismo, sarebbe troppo imbarazzante.

Dopo il massaggio apprendo che la struttura non offre alcuno snack compreso nel biglietto, nemmeno il montarozzo di mele che aveva malamente rimpiazzato il buffet luculliano dei primi tempi. Agli ospiti viene somministrata solo una timida tisana rossa, dal gusto insignificante e rigorosamente senza zucchero. 


Tra le signore svaccate sul lettino scatta inesorabile la caccia al bicchierino di carta: io stessa ho fatto opera di 007 per arrivare al punto relax dove, accanto ai bagni e ben nascosto, c’è uno spillatore di tisana light.

Uscita col trofeo, una signora mi ha subito chiesto dove l’avessi preso: ho dato direttive precise per evitarle di mimetizzarsi tra i cespugli, ho visto che stava già intrecciando rametti con piccole foglie.

Una volta a casa la Piccolina e il Poser sono andati a pattinare sul ghiaccio a Dolonne mentre la sottoscritta, la Bertux e Joy si sono dati alla passeggiata in paese.


Serata svacco per prepararci alla salita di domani: se il tempo tiene, si va al Bonatti.

lunedì 27 luglio 2020

Il Mont Chetif e la chiappascalata

Ci sono giorni in cui i merenderos diventano eroi. Ecco, in attesa che arrivi quel giorno, decisamente ancora lontano,  ci siamo allenati con una salita vera.

Partenza, con relativa calma, alle 9:30 del mattino per raggiungere in macchina Pre de Pascal 1972 m slm  e punto di attacco del sentiero che porta al Mont Chetif 2343 m s.l.m, ribattezzato Mont Shatush in onore di Federico haistyle. 

L’idea di base era salire, scendere e mangiare qualcosa al bar proprio di Pre de Pascal ma, dopo un’occhiata all’orologio e una riflessione più realistica abbiamo optato per 2 panini al salame e 2 cotto e fontina sacrificando così la storica coperta dei merenderos, quella, per capirci, che prima o poi tutti comprano alla decathlon.

La nostra è di un chiassoso azzurro cielo con quadretti gialli e blu: un inno allo svacco in barba al buon gusto. Ma il Mont Chetif ci ha subito chiesto di scegliere tra sedersi sulla coperta per ammirare il paesaggio mangiando barrette di becchime o scofanare un panozzo truzzo vicino la Madonna con le chiappe su di una piattaforma in calcestruzzo: non c’è stata partita, la coperta è stata abbandonata subito in macchina.

La prima parte della salita è decisamente semplice: in pratica si tratta di percorrere la strada sterrata che porta alla funivia della Zerotta e che in inverno diventa una pista da sci, in passato teatro di notevoli imprecazioni da parte mia. 


La Bertux ha sfoggiato per l’occasione  un look “Fausto Coppi” con tanto di berrettino con visiera.


Ma quando stavamo già pensando che tutto sommato sarebbe stato facile, ecco arrivare il sentiero vero e proprio che la guida classifica come livello EE, escursionisti esperti. E in effetti, il percorso diventa ripido, a tratti si attraversano delle pietraie  con relative bestemmie del Poser, passo agile di Joy, alpinista dell’anno e preghiere della Piccolina che chiedeva di tornare a casa sana e salva.



Arrivati in vetta, abbiamo scoperto che si doveva proseguire per altri 10 minuti prima di arrivare sotto alla Madonnina 



e, una volta arrivati, ne abbiamo passati 15 per capire dove fosse casa nostra secondo il principio di “se noi vediamo la Madonna da casa nostra perché dalla Madonna non riusciamo a vedere dove stiamo?” 




Alla fine abbiamo raggiunto un compromesso indicando la casa bianca vicino a dove si biforca la strada, a naso ci sembrava quella.

Al ritorno, discesa impegnativa con tanto di “chiappascalata” praticata agilmente in alcuni tratti di una pietraia.

Alla fine, abbiamo raggiunto vittoriosi Pre de Pascal.




 Questo è un posto incantevole, un bar che ha fatto dell’essere merenderos un attento piano di investimento: ai merenderos piace il giardino che guarda il Monte Bianco? C’è. Ai merenderos piace il prato con le vele che fanno ombra, i tavoli fuori, la carrucola, il calciobalilla, la parete di arrampicata e le altalene affinché i merenderos in erba passino l’intera giornata lì mangiando gelati e patatine? C’è. Pensandoci bene, quasi quasi chiedo se ci assumono in blocco. Compreso Joy, che potrebbe diventare docente di tamarreide.

Tornati a casa, abbiamo fatto un rapido giro di docce per poi lanciarci, la Piccolina e io, in una lezione all’aria aperta di pilates. Quando siamo arrivate, le altre signore erano già tutte schierate con tanto di artiglieria pesante: tappetino ergonomico, palla, calza tattica e rialzo per la cervicale. Noi due abbiamo sfoggiato un tappetino da 4,50€ preso da intersport, leggings con tanto di scritta “just do it” e piedi rigorosamente nudi: altrimenti che lezione all’aperto sarebbe?

Finita la lezione abbiamo appreso che stasera non ci sarebbe stata alcuna festa per San Pantaleone, santo patrono di Courmayeur, che, guarda caso, casca il 27/7, periodo in cui ci sono tanti villeggianti. Va bene i santi, ma anche i profani a volte ci vedono lungo.

Serata chiusa col botto presso il ristorante pizzeria “La padella”, Joy conferma che la pizza è buona anche se temo abbia lasciato sotto la panca mezzo bordo della pizza masticato. Infondo l’aveva detto che avrebbe rinunciato ai carboidrati.



Domani la sottoscritta scappa alle terme per 5 ore di pace col mondo, sarà la squadra Poser a gestire lo zoo di famiglia.



domenica 26 luglio 2020

La principessa Sophie

Chi non ama le principesse, soprattutto quelle coi capelli biondi, occhi azzurri, quasi 4 anni e una passione smodata per gli animali?

Oggi Joy si è ufficialmente fidanzato con una bimba volitiva e ciarliera che l’ha condotto con grande maestria tra i meandri di Morgex.


Questo pomeriggio i merenderos si sono divisi in 2 squadre: squadra rafting composta da il Poser, la Piccolina e la Bertux e squadra principesse con la sottoscritta, Joy, Sophie con mamma e papà.

E mentre la squadra rafting scendeva in quel di Villeneuve per aggredire la Dora, la squadra principesse si avventurava per i sentieri di Morgex.


Lasciato il centro del paese, la strada diventa sentiero e costeggia la Dora dove, ogni due x tre, si sentono venir giù allegre brigate di rafter convinti di avere un minimo di merito nel condurre il gommone giù per il fiume. In realtà chi fa tutto è l’istruttore e, se il caso ti fa sedere nel mezzo, allora è matematico che il tuo contributo sarà pari a quello di un figurante nella soap “Cento Vetrine”, praticamente nullo.

La squadra rafting ha raccontato di una preparazione meticolosa fatto di muta, giacchino “simil k-way” e giubbotto salvagente. A capitanare la squadra e soprattutto a comandare il gommone tal Sabino, bellimbusto moro che ha subito acceso nella Bertux la voglia di capire tutti i segreti del rafting.





Sabino ha spiegato alla squadra del Poser come stare sul gommone, la tecnica della pagaiata e la posizione di sicurezza per poi cilindrare in pieno un pilone di calcestruzzo al grido di “Geronimoooo”.

Tutto ovviamente compreso nel pacchetto rafting dove un po’ di adrenalina te la devi portare a casa, altrimenti te ne vai alla pesca alla trota.

Ritrovo davanti al super di Morgex con Joy completamente perso per la principessa Sophie e con le due squadre ormai dedicate ad un unico obiettivo: cosa mangiano stasera?

Domani la squadra unica dei merenderos tenterà una passeggiata sui monti, Joy dice che viene solo se poi rivede Sophie.

sabato 25 luglio 2020

Joy in the Skyway with diamonds

La “sveglia Joy” stamattina ha suonato alle 6:50 in un clima di grande eccitazione: oggi, alle pendici del Monte Bianco, sarebbe stato proclamato il merenderos day.

E chi, se non noi, merenderos doc, poteva  cogliere questa occasione?

E così, dopo una mattinata in cui le ragazze facevano i compiti e Joy si preparava al grande evento, ci siamo lanciati ad affrontare lo Skyway.

Da casa nostra allo Skyway ci sono 6 minuti secchi di macchina e l’ansia del Poser ci ha portato lì 20 minuti prima ma tra un disinfettante mani, dov’è l’entrata del parcheggio, figo ci misurano la febbre alle 14:30 spaccate, iniziavamo la salita facilitata al monte Bianco. O meglio, a Punta Helbronner perché al Bianco i merenderos non sono ammessi.



Tutta l’operazione Skyway è un’enorme markettata, riuscita decisamente bene.

All’ingresso gli Skynauti (che è un nome più gentile per indicare i merenderos) sono invitati a passare sotto il tornello  il QRCode del cellulare, incluso quello per Joy che, a questo giro, è stato graziato dall’uso della museruola.

La Bertux, forte dell’esperienza già fatta in passato, da vera Skynauta ha suggerito: “piazzatevi davanti ai vetri o non si vede un belino” così, Joy in braccio e passo zigzagato per far fuori gli altri Skynauti, ci siamo piazzati con le facce appiccicate al vetro: merenderos in prima fila.


Lo Skyway fa due tappe: la prima da Courmayeur arriva al Pavillion che è l’inno all’anti alpinismo: bar ristorante, negozio di libri, giardino botanico e prato per lo svacco. 

La seconda, dal Pavillion arriva a punta Helbronner, così chiamata in onore di Paul Helbronner, ingegnere, geodeta e alpinista francese che ha pubblicato la descrizione geodetica delle Alpi francesi e, alla sua morte, gli è stata dedicata la vetta che segna il confine tra Italia e Francia.



Punta Helbronner è più sobria: i merenderos trovano le sdraio sul terrazzo panoramico mentre gli alpinisti possono partire all’attacco del Bianco con tanto di porta che dice “passaggio per gli alpinisti”. Noi però ci siamo passati lo stesso perché girando a destra si arriva alla terrazza panoramica. Joy si è messo in posa per i follower.


Una volta arrivati in cima la vista è mozzafiato: si vede tutta la catena del Bianco e, come recita l’inno dello skynauta: “Adesso puoi camminare nel cielo.”





E un po’ è vero, tranne che per Joy che ha dovuto camminare sulle grate, decisamente peggio del cielo.


Dopo aver ammirato i monti, tentato di far assaggiare a Joy la neve, tolto di mano la neve alla Bertux che la voleva assaggiare lei, fotografato il fotografabile, siamo ridiscesi al Pavillion per dare un’occhiata all’orto botanico, visto che era compreso nel prezzo.

L’orto mostra specie autoctone e non, con diverse roccere, piante officinali e fiori rari. E mentre ammiravo i fiori pensando ad una coppia a cui era stata dedicata una roccera, la Piccolina cercava l’uscita saltando le corde che indicano il sentiero mentre la Bertux cercava di capire con un bastoncino se, quelle palline che vedeva nello stagno, erano proprio uova di rana.


I miei pensieri sono andati ai coniugi della roccera e a quanta poesia sprecata.

Rientro in paese per una chiacchierata con la cara Deborah e famiglia e poi via verso casa dove il Poser si è esibito in una spadellata con costine, salsiccia e fettine varie. Joy si è già fiondato nel sonno di bellezza: ora è innamorato della sua amichetta umana Sophie e spera di rivederla domani mentre la Piccolina, il Poser e la Bertux si daranno al rafting.

venerdì 24 luglio 2020

Quando il ciel non aiuta

Il nostro iPhone ce l’aveva detto ma il Poser, devoto di Android e soprattutto stanco di balletti e merletti, aveva puntato tutto su 3bmeteo che, ancora ieri sera, annunciava “brutto ma non troppo”.

E invece, stamattina la sveglia Joy è suonata dopo le 7 - e già questo è un segnale- e dalle finestre scendeva una pioggia fitta fitta, degna delle cascate di laguna blu.

Di romantico ahimè c’è stato poco in questa mattinata di studio matto e disperatissimo: 3 schede del libro vacanze della Piccolina e una scheda di matematica della Bertux compilata con un occhio su “the kissing booth 2”. 

Che dire, finché i numeri quadrano...

Pranzo veloce per poi puntare alla volta di Aosta, con l’idea di respirare un po’ di cultura. 

Dopo i primi passi in via Roma e soprattutto dopo le prime occhiate alle vetrine con “-70%”, la cultura è stata momentaneamente accantonata in favore della caccia all’acquisto.


Joy, capito l’andazzo della giornata, ha tentato un sit-in in piazza Chanoux per poi trovare nuovo vigore alla vista di cagnetti vari, tra cui uno che corteggia sempre a Courmayeur, nonostante sia un maschio.


La Bertux e la Piccolina hanno fatto da consulenti di stile, con commenti centrati quali “quelle scarpe sono da giovane”, “ma pensi davvero di metterti quell’affare lì alla tua età” per concludere con “no dai, quello no”.

Ma la sottoscritta e il Poser, in barba ai commenti caustici delle figlie, hanno portato a casa un paio di scarpe ciascuno da veri super giovani, alla faccia di chi ci dava dei vecchi e soprattutto confortati dalle commesse che giuravano e spergiuravano di averle a casa uguali.

Fuga rapida al supermercato e cena con il papà della Bertux per pianificare l’uscita di domani: alle 14:30 affronteremo lo Skyway, atto che ci incoronerà i merenderos d’Italia. 


Joy intanto sta scrivendo a Dior: ha creato un profumo col suo nome e vuole proporsi come testimonial.


giovedì 23 luglio 2020

Brownology

Prima prova di avviamento motori per i merenderos che, armati di zaino con 3 (3!!!) borracce d’acqua, k-way vari e scarponi, questa mattina hanno aggredito l’Orrido di Pre Saint Didier. 


Per gli esperti e anche per i meno merenderos di noi, si tratta di una sgambata di bassa intensità che parte dalle terme - e già questo la dice lunga - e arriva in cima ad un sentiero, completo di passeggiata panoramica, parco avventura e bar “gioco aperitivo”. Unico cenno di machismo è una zip line sospesa nel vuoto che il Poser, ieri sera, millantava di domare senza paura, ma oggi, ad una seconda occhiata, ha fatto appello alle misure anti-covid, rimandando la performance a data da destinarsi.

La salita ha un dislivello di 180 metri e proprio quando pensi di averne fatto almeno 150, ti si para davanti un cartello con tanto di fiorellini con su scritto “sei a metà”. 



Così si dividono gli uomini dalle capre: le capre continuano tagliando il sentiero in su e gli uomini si aprono una birretta, tentando di spiare le signorine che prendono il sole in costume alle terme.

Durante il percorso, la Piccolina ha fatto mille domande sulla tenuta della terrazza sospesa, Joy annusava l’annusabile mentre la sottoscritta faceva scherzi infami al Poser, facendogli il solletico sulla testa con un rametto lungo dopo aver detto che il percorso è pieno di ragni.

Arrivati in cima, è stato un susseguirsi di foto di rito - con l’immancabile foto ai piedi - 



non guardare in basso, ma a Joy si incastrano le zampe nella grata, il fiume sotto è il Po’ e posso mangiare io il Mars?


Discesa gaiarda con secondo tentativo di “sgancio Joy” recuperato al volo da una coppia di turisti francesi dopo averci illuso per 8 minuti secchi di essere il nuovo Bisou. 

Rientro in casa e nuova divisione in squadre: Poser, Piccolina e Joy al saggio di hip hop, squadra Bertux e sottoscritta a casa a fare i compiti per un’oretta per poi raggiungere l’Ange con la lezione aperta. 

Oggi a tenere la lezione, tal BrUno Brown - con l’uno maiuscolo- 



annunciato nei giorni passati come ospite internazionale. BrUno, dopo aver specificato che il suo è un nome d’arte, aggiungerei oltre ogni ragionevole dubbio, ha cercato di mettere ordine in un gruppo eterogeneo di ballerine, fugando coi suoi “uan ciù tri”, l’ultimo dubbio sulla provenienza, decisamente nostrana. All’occhio esperto non è sfuggita la t-shirt di autopromozione e probabilmente di autoproduzione brownology.it: Bruno, sei il numero uno! 

Meno interessante è stato per Joy che, vittima del distanziamento sociale, ha rimorchiato solo due nonnine, di cui una bastian contraria che faceva da grillo parlante alla comare.

Visto il target decisamente lontano dai suoi standard, Joy ha optato per un delicato “no grazie” facendo finta di guardare nel vuoto.



Rientro a casa corazzati con lardo, bretzel e due tomini per la dieta light di domani è partito il tradizionale giro di docce per cena allo Sciatore di Dolonne che tra pizza, grigliata e cucina tipica mette d’accordo tutti i gusti, compresi no glutine e vegan.

Fine serata con giretto in paese ad ammirare il cane portiere per poi girarci a guardare Joy che, nel tentativo disperato di tacchinare l’ultima barboncina della sera, si è annodato col guinzaglio.

Domani il programma prevede la salita al Bonatti mentre il Mont Chetif ci guarda beffardo dall’alto verso il basso: la conquista della vetta sarà la sfida merenderos 2020.