venerdì 2 agosto 2024

Be proud, be you

Partenza di gran slancio con colazione super e rispetto svizzero degli orari di marcia da parte delle ragazze. Il programma del Poser, di forte impronta storico-culturale, non ha trovato critiche feroci né ammutinamento di massa, complice la promessa visita da Primark e a Chinatown.

Grazie alla posizione strategica del nostro hotel e al supporto di Google maps, la stazione di Sloterdijk non ha più segreti. Al piano 1 prendi la metro e ci metti mezz’ora, al piano terra prendi lo sprinter - che pensiamo sia una specie di locale rinforzato- e in 10 minuti sei ad Amsterdam Centraal. Da bravi italiani non abbiamo ancora capito la logica di una metro che va come un locale e un locale che va come la metro, ma forse alla base c’è il rispetto democratico di portare a casa tutti, anche quelli che abitano nei posti un po’ sfigati per cui la metro fa qualche fermata in più ma accontenta tutti quanti.

Gli abitanti ringraziano pagando il biglietto.

Arrivati alla stazione centrale, ci siamo diretti verso il Palazzo Reale, prima tappa del Poser tour. Ma prima di raggiungere tale meta e toccare con mano cotanta cultura, abbiamo visto svettare, blu e beffarda, la scritta PRIMARK e gli occhi della Piccolina si sono subito illuminati. Per far muovere la truppa abbiamo concesso 30 minuti nello store, confidando nel fatto che 5 piani in 30 minuti non sono fattibili. Invece no. La Piccolina, genio dello shopping, è riuscita in un’impresa unica, arraffando prodotti di ogni genere, forma e colore, un pigiama rosa e, per concludere in bellezza, ciabattone over size bianche munite di pelo, ideale per un ferragosto in riva al mare.

Così, da veri merenderos internazionali, ci siamo presentati a Palazzo Reale pieni di borse, confidando nel guardaroba e nella toilette.




L’audio guida ci spiega che il palazzo è stato costruito nel 1665, durante il Secolo d’Oro, per ospitare il Municipio e ostentare la ricchezza della potenza commerciale di Amsterdam. In parole povere, dopo anni passati a far crescere il paese dal punto di vista economico, gli abitanti di Amsterdam si sono accorti di non avere un palazzo che ne raccontasse la ricchezza e la prosperità. Così hanno chiamato Jacob van Campen e gli hanno chiesto di porre rimedio. Il buon Jacob si è fatto prendere un po’ la mano ma da buon olandese pragmatico ha fatto la cosa più sensata ed è partito dai classici. Ecco qui un imponente edificio in stile neoclassico realizzato con arenaria grigia pieno di statue, mosaici e sale con mobili e opere d’arte. La sola Sala Civica, cuore dell’edificio, è utilizzata ancora oggi per gli avvenimenti di stato - visite di politici esteri o di altri reali- e può ospitare comodamente fino a 650 persone. 

Quando un altro capo di stato viene a trovare il re, egli si trasferisce con la famiglia a Palazzo Reale per la gioia di chi deve blindare tutto, pulire i candelabri e spostare il letto di Luigi Bonaparte, a favore di qualcosa di più moderno e sicuramente di più comodo rispetto ai letti di cartone del villaggio olimpico.




Il buon Luigi infatti, nel 1808 dopo aver fatto il suo ingresso trionfale ad Amsterdam,  venne nominato da suo fratello Napoleone re d’Olanda e da quel momento il Palazzo venne rinnovato. A Luigi la posizione piaceva e ha pensato “me lo sistemo un po’ e mi piazzo qui”. E così cantinetta al -1, balcone per l’affaccio sulla folla, tappeti e arazzi fino a che non litigò con Napoleone e dovette lasciare dimora e incarico. “Tanto la città mi aveva stufato” disse mettendo il beauty nel trolley per la cappelleria.

Chi gli succedette però non fu da meno: gli Orange riempirono il palazzo di lampadari barocchi, visto che ai mobili ci avevano già pensato i francesi e, detto tra noi, non erano proprio da buttare. L’ultima ad abitare il palazzo fu Wilhelmina, regina dei Paesi Bassi che regnò dalla morte del padre Guglielmo III nel 1890 fino alla propria abdicazione nel 1948. Figura di spicco negli eventi  che hanno accompagnato il periodo storico, Wilhelmina amava vivere in piazza Dam, poteva passeggiare tra la gente, andare al cinema e a visitare i musei oltre a dipingere sul tetto, forse per evitare di essere interrotta ogni 2x3 dal marito Enrico che la disturbava solo perché annoiato a morte dal suo ruolo di serie B.

Nei secoli in cui non fu adibito a palazzo reale il palazzo era di fatto una sede plurifunzionale, tra municipio, tribunale fino ad ospitare la sala in cui venivano lette le sentenze capitali, una media di 4 all’anno.

Spiccano tra le statue presenti Atlante che regge il mondo sulle spalle 

opposto alla patrona di Amsterdam che il mondo e il cielo lo guarda dall’alto.





Alla fine le olandesi erano avanti anni luce anche nel 1600.






Lasciata la storia dei reali ci siamo avventurati nel Begijnhof, il quartiere delle beghine, piccola gemma isolata dal casino delle altre vie e immune dall’odore di fritto che regna sovrano letteralmente ovunque.

Menzionato per la prima volta nel 1389, questo posto era abitato da donne cattoliche devote e nubili che svolgevano opere di bene, specialmente nella cura dei malati e, successivamente, nell'istruzione, ma che non volevano vivere in un monastero e non avevano preso voti monastici.

Dal 1578 al 1795, ai cattolici venne impedito di professare apertamente la loro fede e le proprietà della Chiesa vennero confiscate quando il governo cittadino di Amsterdam divenne protestante. Ma non alle beghine. Le ragazze si erano comprate casa per cui lo stato non poté prenderle perché proprietà privata. Begijnhof rimase così un'enclave cattolica in una Amsterdam prevalentemente protestante per più di 200 anni.

L'ultima beghina è morta nel 1971 e oggi il cortile è abitato solo da donne: al momento, sono circa 100.

E dalle sorelle beghine siamo passate alle sorelle del pokè che, tra un sorriso e un edamame ci hanno letteralmente spennato per mangiare riso e pollo. Sui pasti dobbiamo ancora ragionare.

Il tour si è concluso con la visita all’Oude Kirke, letteralmente chiesa vecchia - anche questo copiato da Manesseno- edificio enorme del 1300 che ospita eventi e manifestazioni culturali, tra cui una mostra in corso di Ana Navas che crea figure in vetro ispirate alla religione.








Ecco ammetto di aver fatto un po’ di fatica ad apprezzare il concept ma sicuramente merita - per chi vuole approfondire.

Meno da capire invece è il pride, qui ad Amsterdam nella sua versione internazionale, con drag queen che ti invitano ad entrare in profumeria, 






vie chiuse stile Capodanno alessandrino e mini concerti su palchi montati in tempo record. Si apprezza l’Albano locale 



a cui fa da controcanto la Romina de nonartri. 




Tutto all’insegna della festa e del divertimento.

Pausa in hotel per recuperare le energie e poi di nuovo in centro per vedere come prosegue la festa. 

In occasione del pride di Amsterdam, di portata internazionale, l’amministrazione comunale ha organizzato una serie di concerti in giro per la città ma il più grande è proprio in piazza Dam. 


Tra controlli serrati della polizia, uomini e donne in festa al grido di “be you”, si alternano sul palco diversi artisti a noi pressoché sconosciuti tranne uno dei cantanti dei Village People, quello, per intenderci, vestito da cantiere del terzo valico. E tra fuochi sparati verso il cielo e coriandoli argentati, si alternano sul palco indiani e cowboy mentre tutti attendono the one and only YMCA. Purtroppo per limiti della giovane età, la Piccolina non viene fatta entrare al concerto, così la sottoscritta e la Bertux si lanciano in un quarto d’ora canonico di salti e balli, 




tutto però in un ordine nordico smisurato, forse perché i poliziotti fuori sono dei piccoli armadi Ikea e nessuno osa fare lo splendido.






Splendido invece è il percorso del ritorno che costeggia uno dei più famosi canali di Amsterdam, quello, per intenderci dove si fanno le foto i beccioni o le ragazze in posa con la bocca a culo di gallina.


Domani andiamo a Rotterdam ma qui la festa continua.



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