giovedì 1 agosto 2024

Al canto del gallo



Chi dice che il mattino ha l’oro in bocca mente sapendo di mentire. Sveglia allegra alle 3:45 con buio pesto e caldo cubano per essere catapultati dall’altra parte dell’Europa a un’ora e 40 di volo e 18 gradi sotto la luce del (quasi) sole. 

Convinta di trovare un aeroporto vuoto (ma chi vuoi che parta da Genova) la sottoscritta e la truppa hanno dovuto affrontare già all’alba bambini urlanti, passeggini rotanti, amori cani e ragazzotti sfigati in cerca di canne.

La Piccolina ha battuto il record di ronfate ad alta quota 





mentre la Bertux guardava boiate giapponesi, la sottoscritta ascoltava musica ballando sul sedile e il Poser snocciolava il rosario, rendendo le file 13-14 e 15 partecipi del fatto che volare sta a lui come le scatolette della Coop a Joy. Gli fanno semplicemente schifo. 

Atterrati in una Amsterdam fredda e uggiosa abbiamo recuperato armi e bagagli e ci siamo diretti all’hotel.



L’hotel, arredato dal designer Karim Rashid è un tripudio di rosa bon bon, luci, forme arrotondate, specchi delle giostre, 




sedie oversize e receptionist tanto gentili quanto perse in un sistema di prenotazioni che le sbeffeggia e percula spostando stanze e pagamenti. La nostra stanza risulta pagata da noi, mai una volta che il sistema ci porga la mano addebitando i costi su di un altro ospite.

Lasciati i bagagli al sistema più facile di archiviazione - biglietti scritti a mano- ci siamo diretti verso il centro. Il nostro hotel è ad una fermata da Amsterdam Centraal per cui in esattamente 6 minuti sei tra i canali, le canne e le tette in vetrina.







Ispirati dalla cultura del luogo, ma con le pance vuote, abbiamo optato per una pausa strategica di “quasi lunch” alle 11 del mattino. Tanto qui siamo in buona compagnia, complice qualche ginnastica da camera in più o una fumatina di troppo, il turista trova sempre qualcosa da mangiare. Dalla pizza di Julia alle crêpes di Pancakes Amsterdam, dai piselli ricoperti di glassa (e non intendo l’ortaggio) all’ immancabile riso alla cantonese, qui si mangia h24. E chi non smaltisce con le signorine, va in bicicletta. Qui la bicicletta è una cosa seria: l’olandese medio cavalca con grinta grazielle scassate che sfrecciano a tutta velocità. E sarà forse l’orgoglio di poter lanciare quei carcassoni a manetta che, se il turista rapito dalle bellezze del luogo ne incrocia il cammino, scatta subito la scampanellata, seconda solo delle campane di Manesseno nella notte di Natale.

I virtuosi spostano l’impossibile su due o tre ruote, caricando i mezzi con qualsiasi merce impacchettabile, vendibile o fumabile. O tutte e tre allo stesso tempo.

Dopo aver mangiato, ci siamo diretti alla piazza Dam su cui affaccia il palazzo Reale (nato municipio poi arraffato dai reali per poi tornare municipio quando hanno visto che in piazza c’era troppo casino). 





Davanti, il Nationaal Monument, un obelisco di 22 metri eretto nel 1956 in memoria dei caduti della seconda guerra mondiale, a lato, un bel centro commerciale di lusso, sfuggito al radar delle due ragazze e, per finire, il Madame Tussauds, che sfoggia un Messi all’ingresso e un Ed Sheeran genato, che si chiede perché l’abbiano piazzato in vetrina vestito come Guè Pequeno.

Nonostante la stanchezza, affrontiamo gagliardi alcuni canali, con le case che pendono in avanti, donnine in vetrina e coffee shop, per poi tornare esausti in hotel.






Dopo una pausa, ci ritroviamo un po’ rintronati a mangiare nel ristorante dell’hotel, con la Piccolina che si è esibita nel lancio della birra sulle braghe del Poser. La serata si è conclusa nel mesto silenzio e con lo sconto sulla cena- la cameriera ha avuto pietà, e ci ha tolto anche la birra dal conto.

Domani giornata da organizzare, il Poser sta già guardando con gioia alla parte medievale della città, mentre qualcuno pensa già al negozio olandese di Primark. 









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