lunedì 24 luglio 2023

The glory of Sapa

Sveglia joyosa senza Joy alle 5:05 con cielo cupo e buffet che ha riscattato la location “nel mezzo del niente” del nostro hotel. 

Abbiamo capito poi il motivo del buffet così ricco: servono notevoli energie per guadagnarsi la fermata della navetta, indicata sommariamente dal concierge che, davanti alle nostre facce perse, ha concluso mostrandoci il QR Code “così non vi sbagliate”. E via, gambe in spalla, bando alle ciance e trolley in pugno, abbiamo affrontato la sterrata che separa hotel da navetta. 



All’arrivo, troviamo una famiglia indiana il cui papà batte le mani al passaggio di ogni aereo. Li cronometro: ne passa uno ogni 30 secondi e sono solo le 6:10. Immagino quindi la gioia di chi, anni fa, scelse la campagna per uscire da Milano e crescere i bambini all’aperto con cani, oche, cavalli, cimici, zanzare e Boeing 747: tutto nel raggio di 10 km malcontati.

L’autista della navetta, pilota F1 mancato o semplicemente contadino incazzato, ci scarica al terminal 1 in 9 minuti e mezzo, 30 secondi in anticipo sulla tabella di marcia.

Arrivati a destinazione, scopriamo che lo Sheraton è letteralmente incastonato nel terminal, un prosieguo del duty free con pernotto. La prossima volta prenotiamo qui. Malpensa è un immenso centro commerciale finalizzato ad ingannare l’attesa riempiendo la pancia e alleggerendo il portafogli: nello stordimento generale, il Poser cede a Starbucks ma solo con un espresso, borbottando  “è tutta rumenta”.

Viaggio comodo e con poca turbolenza accanto al Poser che ha scoperto di aver paura di volare. In realtà non ha solo paura, è letteralmente terrorizzato da ogni oscillazione, flap che si alza, carrello con i profumi, 10 grattaevinci a 14 euro.



Usciti dal dedalo aeroportuale abbiamo comprato a caso dei biglietti alla macchinetta e, grazie a un autista simpatico e cordiale, siamo arrivati alla stazione della metro (U Bahn) chiamata Rudow. Rudow e non Rudolph come la renna dal naso rosso è il capolinea della metro azzurra o linea 7, la Famagosta dei berlinesi. Qui, per non lasciare nulla al caso, usano numeri e colori, così se sei daltonico, a casa ci arrivi lo stesso.

Incrociando linee con linee, azzurri e violetti, siamo giunti a Friedrichstrasse, dove alloggeremo per i prossimi 6 giorni. Friedrichstrasse è la versione tedesca della SpaccaNapoli, una via immensa che, per la gioia del Poser, porta direttamente al Checkpoint Charlie e, per la gioia delle ragazze, è costellata di DM, Aldi, Zara, Butler, intimissimi e perfino il negozio delle birkenstock che farebbe la felicità della Marina perché ci sono modelli che in Italia non abbiamo. 





Il Checkpoint Charlie è diventato ormai un’attrazione turistica con tanto di fotografo pseudo abusivo che scatta foto a nastro a turisti di ogni lingua e colore pronti a sorridere dietro finti sacchi di sabbia e davanti a un casotto stile baywatch. Cosa invece fa riflettere è la mostra Die Mauer dell’artista Yadegar Asisi, scappato dall’Iran da bambino e arrivato a Berlino Est, ha poi ottenuto di passare alla parte Ovest della città e ancora oggi racconta nelle sue opere contrasti, emozioni e riflessioni.

Die Mauer mostra foto del muro delle diverse epoche, un’installazione che presenta esattamente cosa volesse dire guardare da ovest a est e un film testimonianza di 60 minuti esatti che serve al turista per riposare le gambe dopo aver fatto su e giù dal punto di osservazione per vedere il giorno e la notte.









Lasciato Asisi ci siamo diretti verso l’hotel testando con mano il bizzarro clima berlinese: dal sole caldo alla pioggia improvvisa che però dura il tempo di cercare il k-way nella borsa, pensare “meno male che l’ho portato”, metterlo e torna il sole.




Tornati in hotel, abbiamo fatto una ricerca su dove mangiare a cena. Alla fine la scelta è ricaduta sul giapponese per poi scoprire che in realtà era vietnamita e lanciarci in una scelta di piatti colorati, speziati e mentolati che ci sono piaciuti assai. Il migliore il dolce “the glory of Sapa” ingredienti sconosciuti, gusto ottimo.

Domani si va alla porta di Brandeburgo e poi decideremo strada facendo. Il bello di questa città è che dovunque si guardi, c’è qualcosa di bello, di storico, di affascinante e di skin care.

Bis morgen!

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