giovedì 8 agosto 2024

L’amico Vincent

Ultimo giro di giostra in una città che ci ha accolto come accoglie tutti i turisti: si sposta un po’ in là e ti fa spazio.

E questo spazio noi lo abbiamo fatto nostro, senza imparare mezza parola di olandese perché qui tutti parlano perfettamente inglese. Tutti tranne uno, il commesso di un negozio di ciarpame, tanto caro alla Bertux, che tenta di spiegarci che se compri 3 ciarpami, magicamente nei puoi prendere 6, non pagando quelli meno cari. Ecco qui, l’inizio della nostra giornata, che doveva essere dedicata all’arte e alla cultura ma è già partita nella direzione opposta. Pranzo da porchettaro per la sottoscritta e il Poser 




e poi via verso il museo di van Gogh. Per fare le cose per bene abbiamo preso visita con guida, per la durata di un’ora e mezza. Troppo breve per la sottoscritta e il Poser, un calvario per le ragazze. Ad attenderci all’ingresso la guida multilingue, segno di riconoscimento “ombrello azzurro” come specificato nella app.






Alle 14:15 in punto, varchiamo la soglia del van Gogh museum, un edificio costruito nel 1973 per volere del nipote di Vincent, che, quadri alla mano, chiese alla città di Amsterdam di costruire un museo dedicato, onde evitare che i quadri dello zio fossero esposti in altri musei del paese. 





L’amministrazione si fatta due conti e alla fine ha detto a Vincent junior “a noi sta bene ma i quadri ce li metti tu “. Andata. E da oltre 50 anni milioni di persone varcano la soglia del museo alla scoperta dell’artista, del rapporto con la famiglia e con la campagna, unica vera maestra di vita.

La guida chiama van Gogh per nome, come se fossero vecchi amici, forse se passassimo ore e ore tra i dipinti, anche noi lo chiameremmo Vincent. L’amica di Vincent ci spiega come l’artista abbia imparato da solo a dipingere e ci mostra alcune imprecisioni in alcune delle opere più famose, come ad esempio i “mangiatori di patate”. 




Se guardiamo bene, la signora tutta a destra ha un braccio bislungo, di lei però l’amica di Vince non conosce il nome, per cui si limita ad indicarla con il dito, tipo “quella là”.

Da qui si capisce che l’unica vera amica era lei.

Ai piani superiori ci racconta del periodo francese, in cui Vince fu ospitato dal fratello Theo, mercante d’arte, e dalla famiglia di lui. A Parigi van Gogh entra in contatto con gli artisti dell’epoca, gli impressionisti, i puntinisti, tutti quegli artisti che segnano una rottura con il passato e che a scuola ci piacevano di più perché in fondo, parlano a tutti. Sempre in Francia, a Auverse, vive un periodo con Gauguin, con cui litigava continuamente ed è proprio la fine di questa amicizia che segna il declino della sua salute mentale fino ad arrivare all’epilogo che tutti conosciamo. 






La guida ci spiega che i numerosi autoritratti non erano segno di vanità ma studi, non potendosi permettere un modello, usava se stesso- e probabilmente anche uno specchio. Ci svela anche che l’uso dei colori non è casuale, ma l’artista usa sempre colori complementari: essendo lui rosso di capelli, si ritrae vestito di blu. E la casacca da contadino è per lui un modo di raccontare le origini, la campagna da cui tutto prende vita. Terminata la visita, andiamo a farci derubare dal bar del museo, per poi dividerci in due gruppi: Poser e Piccolina verso l’hotel, a vedere la mostra di Wong (era compresa nel biglietto) e ultimo giro di shopping per la sottoscritta e la Bertux.






Wong era un artista canadese la cui breve vita fu influenzata molto dal lavoro di van Gogh, tanto che le sue opere sembrano un Vincent rivisitato. Lì abbiamo visto il dipinto della stanza da letto di van Gogh, stanza a lui cara che ha dipinto con colori caldi.

Ricongiunta la truppa ci siamo recati dal nostro wokettaro preferito, un ragazzo siriano che studia a Leiden e che lavora di sera per mantenersi. Il posto si chiama Wok Inn, la pulizia forse non è il suo punto di forza ma il cibo ti rimette in pace con il mondo.




La Bertux, che aveva già porchettato con un hot dog ha preferito chiudere in bellezza con una mega crêpes alla Nutella, tanto da domani si torna a regime.




Salutiamo così, con i baffi di cioccolato, un Paese che vale la pena visitare. 

Dag! Che vuol dire arrivederci- almeno una parola la abbiamo imparata.


mercoledì 7 agosto 2024

Il patentino da turista



Ebbene sì, oggi abbiamo concorso per prendere il patentino da turista e l’abbiamo ottenuto con lode e bacio accademico.

Mattinata soft, colazione non proprio soft e partenza scialla - da veri olandesi in prova - verso Amsterdam Centraal. 




Usciti dal lato “dove si vede il mare” abbiamo atteso di partire per Zaanse Schans, e visto che eravamo in notevole anticipo, abbiamo approfittato e ci siamo letteralmente svaccati sul molo a prendere il sole. 

Il Poser, da italiano medio, si è fatto il panino a colazione e l’ha mangiato a pranzo. Noi abbiamo optato per un negozio simil vegano e la Bertux ha preferito onorare le italiche origini con un panozzo crudo e formaggio. 




Arrivata l’ora del tour, ci siamo diretti al nostro meeting point con in mano i biglietti e dei braccialetti di carta color verde, quelli, per intenderci, che ti danno nei villaggi turistici. E questo doveva già essere un campanello d’allarme. Il secondo campanello, anzi campanone, era il pullman che ci ha caricato: un enorme double decker tempestato di tulipani con tanto di guida spagnola e autista ridanciano e rubicondo, chiaramente locale, che inscena un piccolo teatrino al momento della consegna degli auricolari. 



Eccolo qui il terzo campanello: l’audio guida.

Il viaggio in pullman vola via liscio, complice un’autostrada con zero traffico e quello che c’è  - parliamo di una ventina di auto- è ordinato e tranquillo. La guida ci raccomanda puntualità mentre l’audio guida, ci racconta come gli olandesi abbiamo strappato la terra al mare, palmo dopo palmo, mulino dopo mulino.

E finalmente arriviamo a Zansee dove ci attende un parcheggione degno di una piccola Gardaland. E come tocchiamo terra, la guida spagnola sfoggia la classica bandierina rossa mentre si lancia in una camminata degna delle Olimpiadi: 






falcata dopo falcata arriviamo alla base di un mulino dove ci attende un signore anziano con la fisarmonica (e te pareva) e un vichingone alto, biondo con tanto di piede zoccolato. Il vichingo ci spiega che i mulini sono ancora impiegati oggi per alcuni lavori, il suo taglia la legna, gli altri due sono adibiti ad olio e pigmento. Ci spiega anche che le pale sono potenziate o depotenziate grazie a delle vele ivi posizionate, per cui il nostro eroe si divide tra “spingi il tronco” e “ammaina la vela”. 


Giro rapido per il borgo che ricorda il villaggio del far west di gardaland e poi di corsa verso il bus. Tutti a bordo per la seconda tappa del tour “simil pentole”: a Volendam 







ci attende la fabbrica del formaggio, con degustazione a 360gradi e spiegone basic da parte di un ragazzotto bonazzo che sembra uscito da High School Musical. Le ragazze hanno ascoltato con molta attenzione tutto il processo, caglio, pressa, invecchiamento. 

Lasciato il nostro Zack Efron ci avventuriamo per le vie che ricordano un po’ Swanage e un po’ outlet di Serravalle. La sottoscritta e la Bertux finiscono a comprare un gelato in un chioschetto gestito da padre e figlia. Dopo la pausa gelato, pausa WC, che paghiamo regolarmente con la carta, come il 99% delle cose che compri.

Ritrovo alla degustazione dei waffles per trovare il Poser in coda nel gruppo sbagliato: per carità, i braccialetti erano verdi, ma al posto della bella spagnola c’era un ragazzotto alto e slavato con un cartello che diceva “ritrovo alle 19:10”. Ritrovata la guida e assaggiato i waffles, ci siamo imbarcati su di un battello porta turisti con davanti una bellissima immagine della versione olandese di Capitan Findus.





E con questo, abbiamo fatto l’en plein.

Il Capitano ci traghetta verso Marken, posto già visitato dal Poser, nel lontano 1991 e che ci ricorda, più e più volte che il paese è collegato da una striscia di terra sottilissima.

Sulla barca ci chiediamo cosa vedremo a Marken, esclusi i tulipani, ci restano gli zoccoli. Detto fatto. Dopo la sgaloppata della guida, approdiamo in un laboratorio dove fanno gli zoccoli. 




Un altro Zack Efton, per la gioia delle ragazze, si destreggia tra ciocchi di legno e macchinari che risalgono alla notte dei tempi, quando il resto del mondo faceva scarpe in pelle, loro fabbricavano zoccoli, puntando ad una materia prima decisamente più economica e al fatto che se una vacca ti dava un pestone, i piedi restavano intatti. Il ragazzo ci invita anche a provarli e, in effetti, sono molto leggeri essendo fatti di legno di pioppo o faggio, che oltre ad essere leggero, risulta facilmente lavorabile, vista la sua capacità di assorbire l’acqua.

Fatto un giro con gli zoccoli, ci dirigiamo verso il pullman sobrio che ci riporta ad Amsterdam Centraal. 


Lì decidiamo di prendere qualcosa al volo nel supermercato della stazione e di mangiare sulla banchina, in compagnia di turisti, famigliole, pescatori della domenica e qualche fattone che parla da solo. Il fattone segna il ritiro verso il nostro hotel, con corsa per prendere il treno al volo. Domani ultimo giorno di vacanza: ci aspetta il museo di van Gogh e qualche giretto in città, prima di affrontare la prova “valigia”. A questo giro però, abbiamo uno zaino vuoto da usare come bagaglio a mano: Berlino docet.

martedì 6 agosto 2024

La dieta del Poser



Sveglia con calma e poi in marcia verso la stazione: oggi siamo andati a Utrecht, città dei canali, del duomo, di Miffy 

ma soprattutto di uno dei centri commerciali più grandi d’Europa.



Come si esce dalla stazione troneggia la mall Hoog Catharijne, non fai neanche a tempo a dire “shopping” che ti si para davanti questo edificio immenso, moderno, pieno di tutti i negozi che trovi da noi e tanti altri che invece non trovi. Basta un’occhiata veloce per capire perché non li trovi.

Ma prima di camminare dritti verso la nostra condanna a morte, cerchiamo di capire un po’ di più della città. Intanto scopriamo che la città ha dato i natali a Miffy, un coniglio a fumetti disegnato da Dick Bruna, scomparso nel 2017. Devo ammettere che del coniglio ignoravo l’esistenza, ma non la Bertux, che, ricerche alla mano, ci ha persino portato a vedere il semaforo dedicato a questo personaggio.




Ancora un pochino di storia prima di morire al mall e ci avventuriamo verso il duomo. 








Wikipedia ci dice che il duomo di San Martino è il principale edificio religioso della città. Dedicata a san Martino di Tours è stata la cattedrale cattolica dell'arcidiocesi di Utrecht fino al 1580, quando passò al culto protestante. Rappresenta uno dei migliori esempi di architettura gotica dei Paesi Bassi. La torre, con i suoi 112,32 metri d'altezza, è il campanile più alto del paese e il simbolo stesso della città.

Apprendiamo anche che la chiesa è stata fatta e disfatta per secoli, a partire dal 630. Nel 1674 arrivò addirittura un tornado a radere al suolo il monumento, evidentemente anche Dio si era stufato di vedere la sua casa demolita ogni volta che c’era una battaglia di mezzo o una bega religiosa. Dentro, la chiesa è decisamente spoglia, eccezion fatta per le vetrate che sono davvero imponenti.


Tentiamo la salita alla torre ma i 30€ a biglietto ci fanno desistere: la abbiamo vista da sotto, tanto le ragazze avevano già altri programmi.



Detto fatto. Ore 12:30 abbiamo varcato la soglia del centro commerciale per poi scappare a casa con il treno delle 15:30 e… non abbiamo visto praticamente nulla. La Piccolina si è data ai prodotti beauty e alle mutande sobrie di Victoria’s Secret, la sottoscritta ha rimediato prodotti per capelli e un paio di fanta babbucce che in realtà sono scarpe. 

C’erano parecchi numeri ancora in saldo, immagino che piacessero solo a me e a poche altre. La Bertux ha fatto il jack pot con uno stivalazzo super scontato mentre il Poser si è dato al cibo con due panini e un cono di patatine fritte.

Rientro in hotel con un Poser lanciato verso la palestra e il resto della truppa spiaggiato in camera per poi ripartire verso il centro città. Il rientro però favorisce un 8 alla elevator challenge.

Arrivate in città, noi ragazze siamo ricadute in un wok to go, mentre il Poser, reduce dalla palestra, si è lanciato in un panozzo alle falafel, ha mangiato un po’ di noodles per poi sgrassare il tutto con un mega waffle fritto con colata di cioccolato bianco e nero. 

Ma domani, dice, torna in palestra. Dopo andremo tutti a Zaanse Schans, il borgo acchiappa turisti fermo nel tempo. Seguirà degustazione di formaggi, ci mancano solo gli zoccoli e facciamo bingo.